martedì 29 dicembre 2009

L'articolo de "Il SOLE 24 ORE" sul mio libro "Tutti tranne uno"


La crisi economica, la povertà improvvisa e le emozioni degli adolescenti. Sono tutti temi di "Tutti tranne uno", il nuovo libro di Pina Variale, l'autrice di "Ragazzi di Camorra". La protagonista, la voce narrante, è Giulia, ragazzina alle prese con il complesso ingresso in una scuola nuova e nuovi compagni. E all'improvviso il colpo di scena: una sera il papà non torna a casa e quando lei telefona in ufficio preoccupata la scoperta: "Sono mesi che non lavora più per me", si sente rispondere. Inizia la ricerca del papà scomparso e la dura realtà dei conti che non tornano, per una famiglia che non aveva mai avuto problemi a trovare i soldi per la spesa o per le vacanze. Giulia si trova davanti ad una nuova vita: "Clara mi ha preso per una pezzente che elemosina un pranzo o qualche spicciolo. E' terribile, non mi sono mai vergognata tanto in vita mia". Un racconto travolgente, adatto dai 10 anni, ma anche per un pubblico adulto.

Tutti tranne uno Pina VarialeEdizioni Piemme, Il battello a vaporePp 201, euro 12,50

lunedì 21 dicembre 2009

Un'altra recensione per "Tutti tranne uno"

SORPRESA PER GIULIA I misteri di papà
Nel romanzo di Pina Variale, Tutti tranne uno (Piemme, 12,50 euro) la famiglia di Giulia non naviga nell’oro, ma i soldi per fare la spesa o per le vacanze ci sono sempre stati. Una sera il padre non rientra dal lavoro, e quando Giulia lo cerca in ufficio, l’ingegnere le dice che l’uomo è stato licenziato mesi prima. Possibile che suo padre non abbia raccontato nulla? E dove ha preso i soldi per vivere, e dov’è ora? Un bel racconto, dentro la realtà, da 10 anni. ("TRENTINO" del 19/12/2009)

La recensione di "Repubblica" per "Tutti tranne uno"

La crisi è una favola amara vista con gli occhi di Giulia
Repubblica — 19 dicembre 2009 pagina 20 sezione: NAPOLI

ADATTO ai tempi di crisi questo libro raccontato con gli occhi di Giulia, una bambina al primo anno del liceo e divenuta improvvisamente povera a causa del licenziamento del padre che un giorno non torna più a casa. Una favola amara di Pina Varriale, scrittrice napoletana e già autrice di "I bambini invisibili" e "Ragazzi di Camorra" con cui ha vinto il Bancarellino 2008. Il linguaggio è quello di una bambina che si trova improvvisamente a dover crescere, muovendosi tra le piccole grandi regole quotidiane e il suo dramma personale legato al desiderio di ritrovare il padre e scoprire il perché delle sue assenze e silenzi. Delicato il momento in cui la mamma, senza soldi per acquistare abiti nuovi, riadatta una gonna facendone uscire una mini alla moda.Lucilla Fuiano

domenica 13 dicembre 2009

Posti da dimenticare: Calimera

Credete che la vita di una scrittrice sia tranquilla e priva di pericoli? Vi sbagliate di grosso!
Non immaginate in quali incredibili situazioni ci si possa trovare. Prendi ad esempio un piccolo paese in provincia di Lecce, aggiungi un festival di letteratura per i ragazzi e invita un certo numero di scrittori dicendo loro che saranno seguiti, accompagnati negli spostamenti, rifocillati (anche gli scrittori pranzano!) e, il giorno della partenza, saranno ricondotti al treno.
Tutto regolare, penserete. Queste cose rappresentano il cosiddetto minimo sindacale. Ma come fa la malcapitata scrittrice a immaginare di essere relegata in un albergo che si erge come un inquietante fungo velenoso, nel bel mezzo della campagna leccese?
Intorno al fantastico "country hotel" (accidenti, che fantasia perversa!) c'è solo campagna brulla, nessuna illuminazione notturna e, meno che mai, la possilità di raggiungere il centro abitato. A cena, visto che la succitata scrittrice conserva ancora la brutta abitudine di mangiare, le viene detto che "magari" si potrebbe pensare a prenotarle una cena in albergo, chissà.
Per fortuna c'è l'amica Tonina e suo marito Vito, piovuti come due angeli dal cielo, che mi portano in un grazioso ristorantino di Lecce. L'indomani, dopo una notte non proprio tranquilla nello spettrale country hotel, (ma non avevo chiesto un posto dove ci fosse almeno qualche anima?) vengono a prendermi per portarmi al luogo dell'evento.
Il primo incontro è coi ragazzi delle scuole medie che vorrebbero perfino comprare il libro (attualmente va di moda la non-lettura dei libri degli autori invitati) ma non c'è nessuno che si occupi delle vendite, il testo serve solo a dare un po' di colore alla scrivania color topo pallido. Il meglio (si fa per dire) si ha in teatro dove sei autori sono invitati a parlare dei rispettivi libri nell'ottica di un futuro premio di ben (udite, udite!) mille euro. Per questo motivo, alcuni "colleghi" danno il peggio di sè, esibendosi in pietose scene da clown allo scopo di attirare l'attenzione dei ragazzi sul "loro" libro. Sarà che sono rimasta di qualche passo indietro, ma io credo che la promozione alla lettura e la cultura non abbiano nulla a che vedere con queste pietose performance.
Finito lo strazio, spariscono tutti (sono andati a pranzo!), tuttavia gli organizzatori hanno di nuovo dimenticato (ops!) di estendere l'invito alla sottoscritta (ma nell'invito non c'era scritto che i pasti erano compresi? E non mi avevano detto che ero l'ospite d'onore e ci tenevano moltissimo ad avermi?) Per fortuna c'è Tonina e Vito che, stavolta, non si limitano a consolarmi e coccolarmi, fanno di più. Mi riaccompagnano al "country hotel" per riprendere la valigia e mi ospitano a casa loro, colti dal dubbio (peraltro condiviso dalla sottoscritta) che così come lo staff del festival ha dimenticato di invitarmi a pranzo e a cena, altrettanto farà per quanto riguarda riaccompagnarmi in stazione il giorno della partenza.
Soltanto in serata, la responsabile dell'evento, si ricorda di telefonarmi per dirmi (come se non lo sapessi) che mi ha "perso di vista" per il pranzo (ero là, piantata come un albero, proprio davanti a lei), ma che se voglio potrebbe (si noti l'uso reiterato del condizionale) prenotarmi la cena.
La domanda più importante però non l'ha fatta. Visto che nessuno di loro mi ha riportato in albergo, dove diavolo sono finita per l'intera giornata? Peraltro piove a dirotto e fa un freddo cane. Dove ho mangiato, dove mi sono riparata in queste lunghe ore? E come si fa a "dimenticare" una persona che hai insistito fino alla nausea per averla al " festival"?
Sinceramente non riesco a darmi una risposta ma, dopo quanto accaduto (i pacchi si dimenticano, non le persone!), di certo posso assicurare alla responsabile dell'evento che mai più avrà il (dis)piacere della mia presenza. Dovrà accontentarsi dei clown e dei buffoni ma, tant'è che, morta la cultura, spariti i lettori, c'è per lo meno qualcuno che fa davvero ridere.

lunedì 7 dicembre 2009

L'articolo su l'Unità per "Tutti tranne uno" ed. Piemme

Sul numero di oggi del quotidiano l'Unità c'è un articolo del direttore editoriale, Concita De Gregorio che ha curato la postfazione del mio ultimo libro, "Tutti tranne uno".
Per chi fosse interessato, l'articolo è a pag.34. La versione pdf de L'Unità è scaricabile gratuitamente al seguente indirizzo: http://edicola.unita.it/

domenica 6 dicembre 2009

I festival dei (non) lettori

E' proprio vero che l'Italia è una terra ricca di inventiva. Non sempre però il "talento creativo" suscita il mio entusiasmo, ma bisogna pur prendere atto che certe realtà esistono. L'ultima invenzione, ad esempio, è lo pseudo- festival della letteratura. Ci avete fatto caso? Pullulano dappertutto. Peccato che spesso in questi eventi manchino non solo i libri (chi li ha visti è bravo!) ma addirittura i lettori. E allora capita di dover parlare davanti a un uditorio (o non sarebbe meglio definirlo un branco?) di individui che hanno difficoltà a leggere perfino le scritte sulla lattina della Coca e trovano difficile immaginare che esista qualcosa chiamato "libro". Lo sconforto maggiore viene tuttavia da quegli adulti (docenti? Bah!) che, pur di rappezzare un "evento" (ci sono i finanziamenti del Comune, accidenti... non lo dimentichiamo) scomodano diversi scrittori per poi darli in pasto a un branco di maleducati che:
1. non ha mai letto un libro (figurarsi il tuo)
2. pensa che uno "scrittore" sia una specie di "vù cumprà"
3. ritiene che il massimo dell'intelligenza sia dare sfoggio di maleducazione e di imbecillità.
Il fondo si tocca tuttavia col Dirigente Scolastico (N.B. nè lui nè i suoi docenti si sono presentati o hanno salutato l'ospite da loro stessi invitata) il quale, invece di redarguire gli alunni, inveisce contro la malcapitata che ha osato definire "stupido" un comportamento, a dir poco, incivile.
Peccato che in questa bella Italia dove la "cultura" è ormai quella dell'orto e dove approssimazione e ignoranza fanno da padroni di casa, quel Preside (ma c'era da aspettarselo!) non abbia compreso che sostituire il termine "stupido" con l'espressione"poco intelligente" non era certo una concessione al suo "autorevole" intervento per zittire (oh, cavolo!) la "maleducata scrittrice".
Ebbene sì, alla fine del festival delle rape e della malcreanza, la maleducata... ero io!

venerdì 20 novembre 2009

Recensione per "Tutti tranne uno"

Tutti tranne uno
Pina Varriale
Editore: Piemme
Anno: 2009
Collana: Storie di oggi
Pagine: 201
ISBN: 978-88-566-1071-0



Numerosi libri per adolescenti pullulano di figure eroiche che superano prove a dir poco inverosimili. Assistiamo ad un attivismo, ad un impegno umano e civile così sopra le righe, che si stenta a riconoscere in questi ragazzi la generazione che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Al contrario, Pina Varriale ci parla di ragazzi speciali che hanno una predisposizione costruttiva verso le circostanze; guidati da un moto interiore di coscienza o di affetto, rimangono comunque iscritti nel territorio del reale. Questo ancoraggio al possibile, rende specchianti i suoi personaggi: siamo in grado di ritrovarli, hanno una familiarità accattivante, sono concreti.
Per Giulia sono i primi giorni di liceo: ambiente nuovo, nuovi professori e materie, nuovi compagni di classe. Il liceo è uno dei più esclusivi di Napoli. Giulia è cosciente di andare incontro ad una difficile integrazione, lei che ha dovuto di recente cambiare quartiere a causa della perdita del posto di lavoro della madre, ma è caparbia ed è convinta di farcela. A casa, il rapporto tra i genitori non è sereno, i continui litigi accentuano la situazione economica precaria. Per caso, Giulia ascolta sua madre al telefono mentre bisbiglia di una presunta relazione del padre. Nella realtà le cose sono più complicate, anche se comunque di tradimento si parlerà. A scuola Giulia stringe amicizia con una ragazza molto benestante, Clara, che le apre le porte ad un lusso, mai neanche immaginato.
Un giorno qualunque il padre scompare nel nulla; abbandona la sua auto e un paio di scarpe vicino al molo. Scattano immediatamente le ricerche della polizia: la pista del suicidio sembra la più probabile. Poi giunge una lettera. Il padre mentiva già da alcuni mesi, da quando era stato licenziato dalla sua ditta e, per sopravvivere, aveva chiesto dei soldi ad una finanziaria, ma doveva ridargli il quintuplo e non aveva più niente. Per questo motivo preferiva sparire e non mettere in pericolo anche la famiglia (conosciamo dalla cronaca i metodi adottati dagli usurai per ricordare le scadenze). Ed ecco la verità: niente amanti o fughe clandestine, suo padre sta scappando dagli strozzini. La menzogna, il tradimento, la mancanza di fiducia nel sostegno della famiglia sono i macigni che si depositano con brutalità nell’animo di tutti. Come andare avanti? A chi chiedere aiuto? Il fratellino è mandato dai nonni, alla Caritas si prenderanno i pacchi di viveri e un lavoro come donna delle pulizie si troverà. E Giulia? Lo scontro fra le problematiche di un’adolescente (il ragazzo carino, il vestito più adatto, l’amicizia, lo studio) e le necessità impellenti, creano un divario così incolmabile che Giulia decide di lasciare il liceo, almeno per un po’. Lavora come baby-sitter e si occupa della casa. Le circostanze e molte buone intuizioni, portano Giulia e la polizia sulle tracce del Commendatore che gestisce questa finanziaria. E il cerchio si chiude su Clara e sulla sua ricchezza così disonesta.
Uno squillo, silenzio, uno squillo: il padre di Giulia sta per tornare a casa.
Una storia a lieto fine che attraversa i temi forti del prestito ad usura, delle famiglie che cadono in queste trappole, della povertà. Questa volta, però, Tutti tranne uno. (Silvia Bassani)
“Mio padre lo diceva sempre, quando si arrabbiava per un’ingiustizia. Quante volte ha detto che stare zitti significa solo fare il gioco dei prepotenti?”

sabato 14 novembre 2009

Q.B.

Mi capita spesso leggendo autori emergenti (ma ho trovato la stessa caratteristica anche in molti autori affermati, penso ad esempio ai libri di Simenon che rigurgitano di dialoghi o a certi romanzi di Marquez , tanto per citarne qualcuno), di trovarmi davanti a pagine e pagine fitte di battute, di frasi in cui, dopo un po’, si perde di vista il “chi dice cosa”.
Se è vero che i dialoghi rendono i personaggi più “vivi” non dimenticate però che la logorrea è asfissiante. A tutti sarà capitato di imbattersi nel cosiddetto “attaccabottone”, una persona cioè capace di inchiodarvi per ore col racconto minuzioso di fatti assolutamente insignificanti.
Per evitare di essere voi l’attaccabottone di turno, quando scrivete i dialoghi, mettetevi al posto del vostro lettore. Eccolo lì, lo vedete? Si è seduto in poltrona, armato delle migliori intenzioni di questo mondo (vuole finire di leggere il capitolo prima di cena), eccone là un altro, aggrappato alla staffa in un bus sovraffollato, col gomito del vicino piazzato in un fianco e i capelli riccioluti di una grassona che gli solleticano il naso.
Quanto credete che potrà durare l’attenzione di questi poveretti, durante la lettura di un dialogo che si protrae per diverse pagine? Tre minuti al massimo, dopo di che quello in poltrona si alzerà per andare a spilluzzicare qualcosa in cucina e il tizio del bus, che ormai si è perso nel disperato tentativo di capire “chi dice cosa”, deciderà di scendere alla prossima fermata e di fare due passi per snebbiarsi la mente, ingolfata da dialoghi di questo tipo:
- Situazione di partenza: due amiche, sedute al tavolino di un bar, parlano di una conoscente, affetta da depressione, che ha tentato di uccidere il marito. La prima donna è una bionda, quarantenne, insegnante di sostegno in una scuola elementare. Si chiama Vanda e ha alle spalle un matrimonio fallito. L’altra è Carla, trentacinquenne, giornalista free-lance che si occupa di cronaca nera per un giornale locale.
-Non credevo che lo avrebbe fatto, non era il tipo.
-Come puoi dirlo? La mente umana è un mistero.
-Già, ma certe cose si sentono a pelle… Ho parlato con lei diverse volte e mi ha sempre dato l’impressione di essere una persona equilibrata…
-Ma per favore, non farmi ridere. Se quella è equilibrata io sono Wonder Woman…
-Non scherzare, è una cosa seria. Sai meglio di me che, per certe cose, l’intuito è meglio di un radar…
-Non dirmi che credi a queste cretinate! Se mi fossi affidata all’intuito, sai quante cantonate avrei preso…
-Già, però non si arriva a uccidere un uomo così, ci devono essere stati per forza dei segni premonitori.
-Segni? Premonizioni? Ma, smettila… mi sembra di parlare con mia madre. Lei è una che crede all’aldilà, alla sfiga, ai gatti neri e al sesto senso…
-Che c’entra il sesto senso? Qui si tratta di un delitto a sangue freddo.
-E chi lo dice? Nessun omicidio avviene a sangue freddo, l’autore del crimine, in ogni caso, è un essere umano per cui…
-Stai giustificando quella donna?
-Non ho detto questo. Se tu mi lasciassi parlare, ti spiegherei che la componente emotiva è sempre presente in tutte le nostre azioni …
Il dialogo può andare avanti all’infinito e, se è vero che in certi momenti è possibile intuire chi sta parlando (ad esempio la psicologa quando fa riferimento alla componente emotiva e alle superstizioni) per la restante parte il lettore brancola nel buio, si perde in un labirinto in cui non c'è via d'uscita.
Se il vostro intento, dunque, è quello di scoraggiare, andate avanti così, riempiendo cartelle e cartelle di dialoghi, se invece, come suppongo, i vostri sforzi sono tesi al raggiungimento dell’obiettivo che deve essere sempre “coinvolgere e affascinare” il lettore, allora tenete presente la regola del “q.b” delle ricette di cucina. Quanto basta! Non esagerate, la giusta misura in ogni cosa è il criterio a cui non dovete mai rinunciare.

giovedì 12 novembre 2009

Sorridi, sei un impiegato dello Stato!

Da oggi, sorridere ed essere cortesi sarà un obbligo per i dipendenti pubblici. Questa è la precisa volontà del ministro Brunetta che minaccia sanzioni per gli impiegati e i dirigenti “musoni”. Dunque, via ai fannulloni e sorridete, please! Come si fa? Semplice. Basta che non pensiate al fitto di casa da pagare (che si porta via due terzi del vostro favoloso stipendio di mille euro), dimenticatevi le bollette (sempre più esose, alla faccia degli up and down della benzina), lasciate perdere le banali preoccupazioni legate alla meschina sopravvivenza e… sorridete! Naturalmente non dovrete far caso al Capo che vi stressa, all’utenza spesso più sgarbata di tanti sgarbatissimi impiegati, alla mole di lavoro da smaltire per cui l’Amministrazione richiede competenze da plurilaureato e vi ricompensa come si fa coi “vu cumprà”. Ancora non vi riesce di sorridere? Niente paura. Un bel sorso di mercurio e, oplà, la risata è assicurata e… micidiale.

Le foto della presentazione "Non calpestate i nostri diritti" all'Unicef di Roma

Questa è una delle foto che sono state scattate durante la presentazione dell'antologia "Non calpestate i nostri diritti" che Piemme ha pubblicato per conto dell'Unicef. Qui sono con la scrittrice e giornalista Elena Mora che è anche una delle curatrici del volume.

mercoledì 11 novembre 2009

Non calpestate i nostri diritti: il video della presentazione a Roma

Se cliccate su questo link: http://www.c6.tv/archivio?id=6839 potete vedere il video dell'incontro alla sede Unicef di Roma, con la Signora Napolitano e i bambini per la presentazione del libro "Non calpestate i nostri diritti"edito da Piemme. Vi ricordo che il ricavato delle vendite andrà totalmente all'Unicef e alla Fondazione Mandela per la costruzione di scuole in Africa. Natale si avvicina, questo libro può essere una bella idea-regalo nonchè un piccolo contributo per una grande speranza: dare un futuro ai bambini.

sabato 7 novembre 2009

I dialoghi

Tra gli elementi che dobbiamo tenere presenti e su cui è necessario giocare bene per ottenere un effetto di verosimiglianza ci sono i dialoghi. Mi capita, spesso, di leggere degli autori emergenti che, se da un lato appaiono soddisfacenti in quanto a scorrevolezza dei testi, poche “cartelle” più avanti, cadono miseramente nell’affrontare i dialoghi.
Vi faccio un esempio: immaginate un Autore che abbia descritto un paesaggio urbano, in cui si muove un branco di sbandati. Come pensate che debba svolgersi un dialogo tra Giorgio, il leader e uno dei componenti della banda?
La situazione è la seguente: la banda ha organizzato una rapina ai danni di un distributore di benzina, ma qualcuno ha chiamato la polizia e soltanto Roberto è riuscito a sfuggire all’arresto. Giorgio, il Capo, non era presente e chiede il resoconto dell’accaduto.
Nel dialogo, i termini usati dagli “attori” devono essere il più possibile usuali, consueti. Evitate le parole ricercate e i termini obsoleti che danno un effetto di “ingessato”. La credibilità e, dunque, la verosimiglianza della storia si costruisce anche in questo modo. Questo non vuol dire che bisogna rifarsi a una sorta di “verismo” moderno, riportando nei dialoghi parole e modi di dire regionalistici. Non dimenticate che l’ipotetico lettore può appartenere a qualunque area geografica. Un testo troppo ricco di coloriture dialettali, utilizzate allo scopo di rendere “verosimile” il dialogo, finisce non solo con lo stancare presto ma è, soprattutto, di difficile comprensione.
Per tornare all’esempio di cui sopra, il dialogo tra Giorgio e Roberto, potrebbe essere il seguente:
-Erano già là… ci stavano aspettando. Non abbiamo avuto neanche il tempo di dire “crepa” che…
- Taglia corto, voglio sapere come avete fatto a farvi fregare…
- Ce li siamo trovati addosso, quel bastardo del benzinaio ha intrappolato i ragazzi nello sgabuzzino… I soldi sono qua, ha detto. Pietro e Marco sono entrati per primi, Filippo non si fidava ma alla fine ci è cascato…
-E tu?- lo sguardo di Giorgio è fosco- Come hai fatto a scappare? Non sei più furbo degli altri, eppure… sei qui…
Come potete notare, le parole utilizzate sono semplici, così come accade in un dialogo reale, ma i termini “bastardo” e “crepa” danno immediatamente l’idea dei personaggi e dell’ambiente sociale a cui appartengono.
Spesso i principianti fanno un uso eccessivo di termini forti, spesso volgari o comunque, non necessari. Una eccessiva coloritura dei dialoghi finisce presto col disturbare il lettore e col distogliere l’attenzione sui fatti che si stanno narrando.
Quando scrivete un dialogo, sforzatevi di immaginare come parlerebbero i vostri personaggi se fossero persone in carne ed ossa. Tenete sempre presente a quale categoria sociale appartengono, qual è il contesto in cui si muovono, che bagaglio culturale hanno alle spalle.
E’ assai improbabile infatti, come talvolta mi accade di leggere, che un delinquente si rivolga a un compare dicendogli:
-Erano già là… ci attendevano. Non abbiamo avuto il tempo di capire cosa stesse accadendo.
- Basta con gli indugi, spiegati!
-Siamo stati attirati in una trappola… il benzinaio, con una scusa, ha fatto in modo di imprigionare i ragazzi nel retrobottega…
Credo che l’esempio sia abbastanza chiaro, tutto quello che adesso dovete fare è esercitarvi coi dialoghi senza dimenticare di rileggere ad alta voce ciò che avete scritto. Abituatevi ad “ascoltarvi”, non è da tutti ma dà ottimi risultati.

lunedì 2 novembre 2009

Tutti tranne uno, Pina Varriale, ed. Piemme 2009


Da oggi, in tutte le librerie italiane, c'è il mio ultimo libro, edito da Piemme: "Tutti tranne uno".

Incrocio le dita e... speriamo bene!
Giulia non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuto accadere proprio a lei. Certo, la sua famiglia non navigava nell'oro, ma i soldi per fare la spesa o per andare al mare d'estate non erano mai mancati. Una sera, però, il padre di Giulia non rientra a casa dal lavoro, e quando la ragazza lo cerca in ufficio, l'ingegner Nardelli le dice candidamente di non vedere l'uomo da mesi, da quando cioè è stato licenziato. Per Giulia è una doccia fredda. Possibile che suo padre non abbia raccontato nulla a lei e a sua madre, fingendo di andare a lavorare tutti i giorni? Dove ha preso i soldi per vivere e pagare l'affitto? E dove è fuggito adesso? Giulia vuole scoprire la verità. Ma questo non è il suo unico problema, perché d'ora in poi dovrà fare i conti con la dura realtà dell'essere poveri. Età di lettura: da 10 anni

sabato 31 ottobre 2009

Lezione n.2 I dati sensoriali

Visto che siete dei testardi e avete deciso, nonostante tutto, di seguire ancora queste “lezioni” di scrittura, passiamo allora a qualche piccolo suggerimento sulle ambientazioni.
Dopo avere dato delle rapide “pennellate” ai vostri personaggi, badando di dare loro una connotazione psicologica o caratteriale ben definita, passiamo ad “ambientare” i nostri attori.
Immaginate di assistere a un film o a una rappresentazione teatrale. In questi casi il regista è sempre attento a curare la scenografia, così che già dalla prima occhiata possiate capire il “quando” e il “dove”.
Se si alza il sipario e la scena mostra alcuni tavoli di legno, delle sedie impagliate, alcune caraffe di creta , dei bicchieri col vino, comprendete subito di essere in un’osteria. I dati “sensoriali”, in questo caso la vista, vi mettono immediatamente in condizione di comprendere il luogo e, semmai, il tempo della rappresentazione a cui state per assistere. Il regista e lo scenografo giocheranno sui costumi, le luci di scena, gli oggetti con cui andranno ad arredare l’ambiente ma tutto ciò che possono fare, per attirare l’attenzione del pubblico e dare una immediata e corretta “informazione” si basa sui dati visivi.
Lo scrittore ha un’arma in più, senz’altro raffinata ed efficace. Grazie alle parole e, in particolare, alla capacità di “descrivere” , mette il lettore nella condizione ideale per immergersi completamente nella scena. Lo scrittore non si limita a descrivere il luogo, gli oggetti e le loro caratteristiche, gli arredi e gli abiti indossati dai personaggi, lo scrittore crea l’ambientazione.
Cosa vuol dire creare una ambientazione? Semplicemente connotare la scena con dei dati capaci di evocare emozioni, ricordi sentimenti. Dire che “per quella stretta strada senza sole, soffocata tra alti palazzi grigi, si sentiva, al mattino presto, un profumo di pane appena sfornato” vi fa subito venire alla mente un ricordo d’infanzia, una situazione simile che voi stessi avete sperimentato. Inoltre, giocando sugli opposti, il carattere “freddo” dell’ambiente (strada stretta e senza sole, palazzi grigi) è mitigato e addolcito da una “presenza” familiare e rassicurante (il profumo del pane appena sfornato). A questo punto il lettore è già parte della scena, è protagonista lui stesso e non semplice fruitore. Un profumo, un suono, un odore hanno un forte potere evocativo su qualunque essere umano. Imparare a utilizzare questi elementi per dare significato ed efficacia all’ambiente descritto vi aiuterà a raggiungere più facilmente l’obiettivo dell’immedesimazione.
Esercitatevi a “ambientare” tenendo conto anche dei brani sotto riportati:


1.Sui vetri della porta c'erano alcune réclame. Tintinnó un campanello. Fin dalla soglia ci si sentiva avvolgere da una atmosfera indefinibile dominata dagli odori.Ma quali odori? Una punta di cannella, una nota più intensa di caffé macinato, e anche un vago sentore di petrolio, mischiato però a zaffate di acquavite.Una lampadina elettrica, una sola. Dietro al banco di legno verniciato di marrone scuro, una donna con i capelli bianchi e un corpetto nero parlava con una donna che teneva un bambino in braccio.(George Simenon, La casa dei fiamminghi, Adelphi)


2.La soffitta era grande e buia. Odorava di polvere e di naftalina.All'infuori del tambureggiare leggero della pioggia sulle lastre di rame del gran tetto, non si sentiva volare una mosca.Travi possenti, nere di vecchiaia, si levavano dal pavimento, si incontravano più in alto con altre travi del tetto...Qua e lá pendevano ragnatele grandi come amache, che si muovevano avanti e indietro nella corrente d'aria, lievi e silenziose come spiriti. Dall'alto di un finestrino che si apriva nel tetto scendeva un lattiginoso raggio di luce.L'unico essere vivente, in quel luogo dove il tempo pareva essersi fermato, era un topolino che saltellava sul pavimento, lasciando sulla polvere impronte delle minuscolissime zampe. Là dove strisciava per terra il codino correva un segno lungo e sottile. Improvvisamente la bestiola si arrestò e rimase in ascolto...e poi, psst! con un guizzo sparì in un buco dell'assito.(M. Ende, La storia infinita, Longanesi).


3.Una volta, in cima al mucchio dei rifiuti da concime del mago vedemmo un drago minuscolo che si
grattava sotto un'ala verde con gli artigli rosso scarlatto e alitava fiamme azzurree fumo grigio.

(M. Mahy, Una porta in cielo, Mondadori)



Pina Varriale

domenica 25 ottobre 2009

Terra mia

Occhi ciechi su un vicolo buio, porte chiuse.
La polvere dei vicoli e l'aria di un mare che porta a riva soltanto i morti.
Ridi.
Ombre sedute al tavolo di un bar, silenziose come questo paese dimenticato da Dio.
La notte ha inghiottito l'ultima speranza.

sabato 24 ottobre 2009

Corso di Scrittura Creativa: scrivere per pubblicare

Introduzione

Se state pensando di diventare scrittori di successo frequentando un corso di scrittura creativa, penso che fareste meglio ad impiegare il vostro tempo in un altro modo. Magari vi converrebbe fare una passeggiata o sedervi in poltrona e ascoltare la vostra musica preferita. Non esistono infatti regole univoche che permettono di trasformare un aspirante scrittore (o un imbrattafogli, se preferite) in un Autore con la maiuscola. E allora cosa stiamo a fare qui? Nulla, se non il tentativo di migliorare il modo di scrivere, evitando gli errori più comuni e imparando, col tempo, l’esercizio e la fatica (tanta!) a migliorare i nostri elaborati dal punto di vista sintattico, grammaticale e per ciò che attiene ai contenuti.
C’è un elemento imprescindibile che distingue un imbrattafogli da un Autore in grado di comunicare emozioni, sensazioni, sentimenti e suggestioni. Quel “quid” si chiama talento ed è, purtroppo, una dote naturale. Nulla impedisce, tuttavia, anche per chi non ha questo dono, di migliorare notevolmente la qualità di ciò che scrive, conseguendo in tempi ragionevoli un risultato più che soddisfacente.
Allo scopo di fornire i mezzi indispensabili per scrivere un buon testo, troverete qui, i consigli, i trucchi, gli spunti e gli esercizi utili allo scopo.
Questo “manuale” si andrà, di volta in volta, strutturando on line e si arricchirà, col tempo, non solo di notizie utili e di materiali didattici, ma anche di notizie riguardanti i concorsi letterari, le segnalazioni degli eventi culturali più importanti e di una sezione specifica dove saranno pubblicati gli elaborati migliori.
Scrivere è un’esperienza meravigliosa, un’esplorazione all’interno del proprio spirito, un mezzo per superare ogni barriera e confine. Buon viaggio a voi tutti!

1.
L’idea e il personaggio

Per cominciare a narrare una storia, sia essa in forma di racconto o di romanzo, è necessario dare al lettore un’idea dei personaggi di cui tratteremo le vicende. Un errore comune a molti scrittori esordienti è quello di dilungarsi fin dalle prime battute su particolari insignificanti, tralasciando un elemento fondamentale. Di chi stiamo parlando?
La prima regola, se così vogliamo chiamarla, è dare immediatamente e in poche battute, un’immagine precisa dei personaggi. Non è necessario descrivere con cura l’abbigliamento, i particolari del viso, il colore degli occhi e dei capelli. Con poche pennellate dovete mettere in grado il lettore di “vedere” il personaggio, puntando su qualche caratteristica fondamentale che permetterà, nel successivo sviluppo, di connotarlo e di riconoscerlo subito. Possiamo dire di un uomo che “era grasso, piuttosto basso e coi capelli radi” ma se aggiungiamo a questa descrizione un elemento “caratteriale” che lo contraddistingua, avremo cominciato a lavorare sullo “spessore”, elemento questo che manca, quasi sempre, nei testi degli esordienti.
“Era grasso, piuttosto basso e coi capelli radi ma aveva una risata contagiosa”. Come potete notare, non abbiamo fatto altro che aggiungere l’elemento “risata contagiosa” per rendere l’idea di una persona gioviale e dal buon carattere.
Analizzando i testi descrittivi di seguito riportati, esercitatevi a descrivere un personaggio, reale o immaginario non importa, quello che conta è che, con poche battute, appaia “vivo”.


1.Quest'uomo era un giovanotto di forse venticinque anni, di una bellezza che poche volte ho visto in vita mia.Alto, con le spalle larghe, la vita snellissima come se fosse stato una donna, elegante, le gambe lunghe negli stivaloni di vacchetta gialla.Era biondo come l'oro, aveva gli occhi di un colore tra il verde e l'azzurro, tagliati a mandorla, strani e come sognanti, il naso dritto, grande e sottile, la bocca rossa e ben disegnata; e quando sorrideva scopriva denti bellissimi, bianchi e regolari, che era un piacere guardarli. Lui ci disse che non era tedesco ma russo, di un paese lontano assai.
(A. Moravia, La Ciociara, Bompiani)

2.Martino è un mio vecchio compagno di scuola, con una testa lunga, lunga, una fronte e un mento interminabili, un grosso naso informe che sembra una pietra, e due occhi in mezzo a quel deserto montagnoso del suo viso, dolci, pieni di tenerezza, pendenti in basso, di un bel color nocciola, come quelli di un cane.(C. Levi, L'orologio, Einaudi)

3.Era una donna robusta e dall'aria zingaresca, con due grossi anelli d'oro alle orecchie e catene d'oro e collane di perline colorate al collo. Aveva un volto asimmetrico, imbellettato e pieno di rughe, ma con una espressione intensa, un naso adunco, occhi neri ardenti. Era scura di carnagione e i capelli lunghi e spettinati erano neri. Gli abiti svolazzanti servivano forse a nascondere il fatto che era grassa o forse li indossava solamente per la loro ampia e trasandata comodità, una tunica rossa, una sottana nera a balze, una lunga e ampia giacca grigia di cotone, uno scialle rosso e blu. Gambe nude, piedi nudi, sandali.(R. Rendell, Qualcosa di sbagliato, Rizzoli)
Pina Varriale

lunedì 12 ottobre 2009

Presentazione del libro "Non calpestate i nostri diritti", Piemme

Martedì 10 novembre presso il teatro del'Unicef di Roma verrà presentato alla stampa e ai ragazzi delle scuole primarie romane il libro,edito da Piemme, "Non calpestate i nostri diritti", una raccolta di racconti dedicata alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia.
Dieci scrittori e dieci illustratori tra i più noti in Italia raccontano ai ragazzi, attraverso storie scritte con grande sensibilità e disegni suggestivi, i dieci diritti fondamentali dei bambini.
Il ricavato della vendita del libro sarà devoluto al Progetto Scuole per l'Africa, promosso dall'Unicef e dalla Fondazione Nelson Mandela.
Il progetto interesserà oltre 4 milioni di bambini in 11 paesi africani.
Madrina d'eccezione, la signora Clio Napolitano che ha curato anche la prefazione del volume.

domenica 11 ottobre 2009

L'amore (forse)

Quando sai ascoltare con l'anima e col cuore, quando riesci, almeno per un attimo, a essere al posto dell'altro. Quando sai reclamare i tuoi diritti senza calpestare quelli altrui, quando non è un peso spendere il tuo tempo sapendo, fin dall'inizio, che avrai soltanto nuovi affanni. Quando hai il coraggio di essere contro tutti, a cominciare da te stesso, allora (forse) puoi chiamarlo amore.

lunedì 5 ottobre 2009

Non calpestate i nostri diritti- Piemme per l'UNICEF



Sarà in tutte le librerie d'Italia, a partire dal 10 novembre, l'antologia "Non calpestate i nostri diritti" edita da Piemme per l'Unicef. Dieci illustratori e dieci autori, tra cui la sottoscritta, hanno interpretato e dato voce, ognuno secondo il proprio stile e la propria personalità, agli articoli della Carta dei Diritti dei Bambini. Il ricavato della vendita di questa antologia andrà totalmente devoluto all'Unicef che da anni si occupa di aiutare i bambini nel mondo.

Vi invito fin da ora a inserire questo bellissimo libro tra i regali che, sicuramente, avete in programma per Natale. Noi autori ed illustratori siamo stati ben felici di dare il nostro piccolo ma sentito contributo e di prestare le nostre voci a tutti quei bambini che, ancora oggi, si vedono negare perfino i diritti più elementari. Non limitiamoci a "sentirci" buoni, a volte un piccolo gesto può significare, per un altro essere umano (in questo caso un bambino) la differenza tra vivere o morire. Appena avrò la scheda tecnica del libro, il cui costo dovrebbe essere intorno ai dieci euro, darò a chi fosse interessato (e mi auguro che siate tanti!) maggiori dettagli.

venerdì 2 ottobre 2009

Parole, parole...

Quasi mai le parole servono per comprendersi, però sono eccellenti strumenti per aumentare l'ambiguità e la confusione.

giovedì 1 ottobre 2009

Problemi?

Tante volte i problemi degli altri sono anche i miei.
E i miei problemi? Appartengono solo a me, è ovvio.

martedì 29 settembre 2009

Il silenzio

Pochi riescono a sopportare il silenzio, subito si cercano delle complicità, nei suoni, nelle banalità, pur di riempire un vuoto che ci pone muti e misteriosi di fronte all’altro.
Il silenzio sottrae, allontana e non abbiamo più niente da verificare, non sono possibili rapide analisi rassicuranti, va tutto bene, sei allegro, sono tranquilla, sei contento, sono preoccupata. Non importa se le parole non rispecchiano quello che davvero si agita dentro di noi, basta riempire il vuoto di insulsi rumori, per non imbarazzare il prossimo, per non inquietarlo.
E’ terribile, poi, andarsene via così, lasciando che l’altro annaspi nel tuo inconoscibile silenzio.

domenica 20 settembre 2009

La nuova casa

Sono qui, ora. Ho cambiato casa, avevo necessità di respirare aria nuova.
Quello che mi ha dato la spinta decisiva a cambiare piattaforma, per il mio blog, è stata la nuova versione di Splinder, macchinosa e inefficace.
Spero di ritrovare tra i miei lettori i pochi amici autentici che ho conosciuto durante i due anni trascorsi su Splinder. Mi auguro di incontrare qui persone nuove che condividano i miei stessi interessi per i libri e la letteratura. Comunque andrà, avrò fatto un'altra esperienza.
Incrocio le dita e... vedremo!


da: http://www.newstin.it/tag/it/138051050
Varriale: Ragazzi di Camorra - Matteo così l'ha fatto suo
Come al solito Matteo sa cogliere fra le righe le cose veramente importanti. Sa farle sue e sa riproporle ai suoi lettori in modo stimolante. Questa volta ha saputo fare tutto ciò su di un libro che tutti i giornalisti di Lucignolo devono conoscere. Il libro di Pina Varriale “Ragazzi di camorra” della casa editrice “Il battello a vapore” pubblicato nel 2007 è un libro giusto per ragazzi della nostra età. Il protagonista è Antonio. Altri personaggi sono Arturo, Bruno, Genni e l’Inglese. Il libro parla di Antonio che ha tredici anni e dopo il matrimonio di sua sorella Letizia si trasferisce a Scampia, un quartiere di Napoli. Il cognato di Antonio si chiama Bruno e lo obbliga ad entrare nella camorra. In questa criminalità si fanno spacci, furti ed estorsioni. A Scampia tutto questo é normale. Antonio, invece, spera ancora in un’ altra vita. E, proprio quando si sta guadagnando la fiducia dell’Inglese, uno dei capi della camorra, conosce Arturo, un insegnante che tenta di far conoscere ai ragazzini del quartiere un modo di vivere legale. Iniziando a frequentare il suo ”rifugio”, Antonio scopre quella infanzia che gli era stata rubata. Ma alla camorra non piace che i suoi ragazzini vadano in questo posto e allora decidono di dar fuoco al rifugio. Dopo che vede tutto distrutto, Antonio capisce che l’unico modo per salvarsi la vita è ricostruire il “rifugio” e sperare in una vita diversa. Il linguaggio usato dalla Varriale è semplice, e anche per questo il libro è molto bello. Soprattutto molto interessante. Questo libro è così interessante che anche gli adulti lo dovrebbero leggere. Ci fa conoscere com’ è la vita di un ragazzino costretto a diventare un delinquente e come alla fine si possa cambiare, a volte anche grazie ad una sola persona che si interessa a chi ha bisogno di aiuto.



da: http://www.sestaluna.eu/ita/Interviste/I-temi-scomodi-di-Pina-Varriale
I temi scomodi di Pina Varriale
Laura Ogna
05/09/2009 16:25

È da poco uscito il suo romanzo I bambini invisibili che affronta il tema dei ragazzini rom, solo un anno prima aveva pubblicato il premiatissimo Ragazzi di camorra, Pina Varriale è una scrittrice per ragazzi che non rifugge i temi “scomodi” e difficili. Tutte storie che fanno pensare, che chiedono di cambiare sguardo.
«Cerco sempre storie vere»- dice Pina Varriale - «Il primo libro che ho pubblicato raccontava la Seconda Guerra Mondiale, poi ho scritto un romanzo sulle quattro giornate di Napoli i cui fatti ho ricostruito dai racconti di mio padre oltre che da un’accurata documentazione. In Quando la luna diventa saracena ho invece raccontato gli attacchi dei saraceni nel sud Italia nel ducato di Napoli, raccontando il Seicento dopo Cristo attraverso gli occhi di un ragazzino».
Come nasce l’idea di una storia da raccontare?
«Molto spesso l’idea di una storia nasce da una immagine, da una emozione profonda e fortissima. Per “I bambini invisibili” è successo qualcosa di simile, ho visto per strada una famiglia Rom che faceva la “spesa” nei bidoni della spazzatura con una allegria e una serenità che mi hanno lasciato esterrefatta. Mi sono domandata allora chi fossero davvero i Rom, da qui è nato il desiderio di approfondire la conoscenza di queste persone. Tuttavia, se è vero che molte delle mie storie nascono da una emozione, è altrettanto vero che la realtà, in tutti i suoi risvolti e le esperienze vissute in prima persona, come nel caso di “Ragazzi di camorra”, sono gli elementi determinanti per indurmi ad approfondire l’argomento di cui tratto poi nel romanzo.»
Quanto approfondisci, cerchi di conoscere o vivere la realtà di cui poi parlerai nei tuoi libri?
«Dietro tutte le storie che racconto c’è sempre un grande e accurata ricerca che mi consente di comprendere aspetti e fatti di un determinato periodo storico o di un particolare problema. Spesso, alla documentazione raccolta, va ad aggiungersi l’esperienza personale che di sicuro mi aiuta molto nella stesura del romanzo. Mi piace anche,quando è possibile, ascoltare dalla viva voce dei testimoni il racconto delle loro esperienze, a questi “ingredienti” aggiungo infine il desiderio di raccontare nel modo più semplice possibile delle realtà che, altrimenti, continuerebbero a essere incomprensibili.»