Mi capita spesso leggendo autori emergenti (ma ho trovato la stessa caratteristica anche in molti autori affermati, penso ad esempio ai libri di Simenon che rigurgitano di dialoghi o a certi romanzi di Marquez , tanto per citarne qualcuno), di trovarmi davanti a pagine e pagine fitte di battute, di frasi in cui, dopo un po’, si perde di vista il “chi dice cosa”.
Se è vero che i dialoghi rendono i personaggi più “vivi” non dimenticate però che la logorrea è asfissiante. A tutti sarà capitato di imbattersi nel cosiddetto “attaccabottone”, una persona cioè capace di inchiodarvi per ore col racconto minuzioso di fatti assolutamente insignificanti.
Per evitare di essere voi l’attaccabottone di turno, quando scrivete i dialoghi, mettetevi al posto del vostro lettore. Eccolo lì, lo vedete? Si è seduto in poltrona, armato delle migliori intenzioni di questo mondo (vuole finire di leggere il capitolo prima di cena), eccone là un altro, aggrappato alla staffa in un bus sovraffollato, col gomito del vicino piazzato in un fianco e i capelli riccioluti di una grassona che gli solleticano il naso.
Quanto credete che potrà durare l’attenzione di questi poveretti, durante la lettura di un dialogo che si protrae per diverse pagine? Tre minuti al massimo, dopo di che quello in poltrona si alzerà per andare a spilluzzicare qualcosa in cucina e il tizio del bus, che ormai si è perso nel disperato tentativo di capire “chi dice cosa”, deciderà di scendere alla prossima fermata e di fare due passi per snebbiarsi la mente, ingolfata da dialoghi di questo tipo:
- Situazione di partenza: due amiche, sedute al tavolino di un bar, parlano di una conoscente, affetta da depressione, che ha tentato di uccidere il marito. La prima donna è una bionda, quarantenne, insegnante di sostegno in una scuola elementare. Si chiama Vanda e ha alle spalle un matrimonio fallito. L’altra è Carla, trentacinquenne, giornalista free-lance che si occupa di cronaca nera per un giornale locale.
-Non credevo che lo avrebbe fatto, non era il tipo.
-Come puoi dirlo? La mente umana è un mistero.
-Già, ma certe cose si sentono a pelle… Ho parlato con lei diverse volte e mi ha sempre dato l’impressione di essere una persona equilibrata…
-Ma per favore, non farmi ridere. Se quella è equilibrata io sono Wonder Woman…
-Non scherzare, è una cosa seria. Sai meglio di me che, per certe cose, l’intuito è meglio di un radar…
-Non dirmi che credi a queste cretinate! Se mi fossi affidata all’intuito, sai quante cantonate avrei preso…
-Già, però non si arriva a uccidere un uomo così, ci devono essere stati per forza dei segni premonitori.
-Segni? Premonizioni? Ma, smettila… mi sembra di parlare con mia madre. Lei è una che crede all’aldilà, alla sfiga, ai gatti neri e al sesto senso…
-Che c’entra il sesto senso? Qui si tratta di un delitto a sangue freddo.
-E chi lo dice? Nessun omicidio avviene a sangue freddo, l’autore del crimine, in ogni caso, è un essere umano per cui…
-Stai giustificando quella donna?
-Non ho detto questo. Se tu mi lasciassi parlare, ti spiegherei che la componente emotiva è sempre presente in tutte le nostre azioni …
Il dialogo può andare avanti all’infinito e, se è vero che in certi momenti è possibile intuire chi sta parlando (ad esempio la psicologa quando fa riferimento alla componente emotiva e alle superstizioni) per la restante parte il lettore brancola nel buio, si perde in un labirinto in cui non c'è via d'uscita.
Se il vostro intento, dunque, è quello di scoraggiare, andate avanti così, riempiendo cartelle e cartelle di dialoghi, se invece, come suppongo, i vostri sforzi sono tesi al raggiungimento dell’obiettivo che deve essere sempre “coinvolgere e affascinare” il lettore, allora tenete presente la regola del “q.b” delle ricette di cucina. Quanto basta! Non esagerate, la giusta misura in ogni cosa è il criterio a cui non dovete mai rinunciare.
sabato 14 novembre 2009
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In effetti a volte uno si lascia prendere la mano. Io mi devo sforzare per scriverli, a volte. Altre volte è il contrario. Però, ogni volta che rischio di far confondere i dialoganti, cerco di inserire una espressione del viso o un movimento del "parlante" tra due - così interrompo i dialoghi per un ostante eriporto l'attenzione al personaggio. A riuscirci ogni volta, però...
RispondiEliminaL'importante è già avere individuato, come hai fatto tu, i punti deboli e lavorarci per riequilibrare l'insieme. E' tutta questione di pratica, PaolaClara. Niente di speciale.
RispondiEliminaUn abbraccio
Anche quelli in cui la descrizione assume un ruolo eccessivo, diventano noiosi.
RispondiEliminaNon è per nulla facile scrivere riuscendo a coinvolgere il lettore. Bravo chi lo sa fare.