sabato 7 novembre 2009

I dialoghi

Tra gli elementi che dobbiamo tenere presenti e su cui è necessario giocare bene per ottenere un effetto di verosimiglianza ci sono i dialoghi. Mi capita, spesso, di leggere degli autori emergenti che, se da un lato appaiono soddisfacenti in quanto a scorrevolezza dei testi, poche “cartelle” più avanti, cadono miseramente nell’affrontare i dialoghi.
Vi faccio un esempio: immaginate un Autore che abbia descritto un paesaggio urbano, in cui si muove un branco di sbandati. Come pensate che debba svolgersi un dialogo tra Giorgio, il leader e uno dei componenti della banda?
La situazione è la seguente: la banda ha organizzato una rapina ai danni di un distributore di benzina, ma qualcuno ha chiamato la polizia e soltanto Roberto è riuscito a sfuggire all’arresto. Giorgio, il Capo, non era presente e chiede il resoconto dell’accaduto.
Nel dialogo, i termini usati dagli “attori” devono essere il più possibile usuali, consueti. Evitate le parole ricercate e i termini obsoleti che danno un effetto di “ingessato”. La credibilità e, dunque, la verosimiglianza della storia si costruisce anche in questo modo. Questo non vuol dire che bisogna rifarsi a una sorta di “verismo” moderno, riportando nei dialoghi parole e modi di dire regionalistici. Non dimenticate che l’ipotetico lettore può appartenere a qualunque area geografica. Un testo troppo ricco di coloriture dialettali, utilizzate allo scopo di rendere “verosimile” il dialogo, finisce non solo con lo stancare presto ma è, soprattutto, di difficile comprensione.
Per tornare all’esempio di cui sopra, il dialogo tra Giorgio e Roberto, potrebbe essere il seguente:
-Erano già là… ci stavano aspettando. Non abbiamo avuto neanche il tempo di dire “crepa” che…
- Taglia corto, voglio sapere come avete fatto a farvi fregare…
- Ce li siamo trovati addosso, quel bastardo del benzinaio ha intrappolato i ragazzi nello sgabuzzino… I soldi sono qua, ha detto. Pietro e Marco sono entrati per primi, Filippo non si fidava ma alla fine ci è cascato…
-E tu?- lo sguardo di Giorgio è fosco- Come hai fatto a scappare? Non sei più furbo degli altri, eppure… sei qui…
Come potete notare, le parole utilizzate sono semplici, così come accade in un dialogo reale, ma i termini “bastardo” e “crepa” danno immediatamente l’idea dei personaggi e dell’ambiente sociale a cui appartengono.
Spesso i principianti fanno un uso eccessivo di termini forti, spesso volgari o comunque, non necessari. Una eccessiva coloritura dei dialoghi finisce presto col disturbare il lettore e col distogliere l’attenzione sui fatti che si stanno narrando.
Quando scrivete un dialogo, sforzatevi di immaginare come parlerebbero i vostri personaggi se fossero persone in carne ed ossa. Tenete sempre presente a quale categoria sociale appartengono, qual è il contesto in cui si muovono, che bagaglio culturale hanno alle spalle.
E’ assai improbabile infatti, come talvolta mi accade di leggere, che un delinquente si rivolga a un compare dicendogli:
-Erano già là… ci attendevano. Non abbiamo avuto il tempo di capire cosa stesse accadendo.
- Basta con gli indugi, spiegati!
-Siamo stati attirati in una trappola… il benzinaio, con una scusa, ha fatto in modo di imprigionare i ragazzi nel retrobottega…
Credo che l’esempio sia abbastanza chiaro, tutto quello che adesso dovete fare è esercitarvi coi dialoghi senza dimenticare di rileggere ad alta voce ciò che avete scritto. Abituatevi ad “ascoltarvi”, non è da tutti ma dà ottimi risultati.

2 commenti:

  1. Prima di scrivere io vedo la scena più volte mentalmente, me la ripeto, la descrivo finché non funziona. Solo che di solito i miei personaggi dialogano poco, mi dovrei sforzare di più...

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  2. Il tuo sistema è più che valido, bisogna sempre "rappresentarsi" ciò che accade affinchè sia di impatto anche per il lettore. I dialoghi non devono essere nè scarsi nè eccessivi, ricorda sempre la regola che "il troppo storpia". Ti abbraccio, cara amica.

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